Si fa presto a dire Ricotta!

Redazione |
11 Mag, 2023 |

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di Prof. Saverio Santi
La ricotta è un formaggio? Cosa nasconde nel suo interno? Quante ne esistono?

La ricotta è antichissima, già conosciuta dai Sumeri e dagli Egizi, molto usata dai Greci e dai Romani. Racconta Omero nell’Odissea che Polifemo produceva ricottine con il latte delle proprie capre. Nei secoli scorsi la ricotta era considerato un cibo povero e popolare, il più umile dei prodotti derivati dalla lavorazione del latte. Un quadro caricaturale di Vincenzo Campi, raffigura in modo efficace e grottesco l’ambiente popolare in cui si mangiava la ricotta.

La ricotta è un latticino, non un formaggio, perché è prodotta a partire dalla coagulazione delle proteine del siero del latte, la parte colloidale che si separa dalla cagliata durante la lavorazione dei formaggi.

La ricotta affiora riscaldando nuovamente il siero a 80-90 °C, quindi è cotta una seconda volta

Anticamente, il siero veniva solamente riscaldato. Sfruttando il processo di saturazione salina, l’impiego di acque sorgive ricche di sali minerali o marine e più recentemente l’aggiunta di sali per ricotta (miscele di cloruro di calcio, cloruro di magnesio e cloruro di sodio), di soluzioni acide di acido citrico, acido lattico o sale inglese (il solfato di magnesio idrato) per catalizzare la coagulazione, hanno permesso un affioramento delle sieroproteine più efficace e un miglioramento della qualità. Un metodo tradizionale siciliano prevede l’aggiunta come catalizzatore di una piccola quantità del liquido residuo della ricotta del giorno precedente, la “scotta” inacidita.  Oppure, in alcune regioni del centro-sud vengono utilizzati rametti di fico, la cui linfa contiene enzimi (proteasi) che favoriscono la coagulazione.

La ricotta è classificata secondo l’origine del latte

Secondo il CLAL, il latte vaccino rappresenta circa il 94,5% del latte prodotto in Italia nel 2021, seguito da quello ovino (3,5%), bufalino (1,7%) e caprino (0,3%). La ricotta è classificata secondo l’origine del latte: vaccina e ovina (più comuni), bufalina e caprina (meno diffuse). Sulla base dell’origine, non esiste una ricotta “migliore”, dipende dal gusto personale: la ricotta vaccina ha in genere un sapore più delicato, morbido e dolce, quelle di pecora, capra e bufala hanno solitamente un sapore più rustico al palato, con un gusto più intenso e dalle note vegetali. Il sapore dipende da diversi fattori, come la razza, l’alimentazione dell’animale, le dimensioni e la composizione della materia grassa del latte. Nel latte di bufala, ad esempio, sono presenti maggiori concentrazioni di “lattobacilli”, microrganismi che possiedono la capacità di fermentare il lattosio producendo acido lattico. L’attività enzimatica di questi batteri è responsabile del sapore e dell’aroma della ricotta di capra.

La composizione della ricotta dipende da quella del siero, simile a quella del latte

con l’eccezione per le proteine liposolubili (caseine) che rimangono quasi completamente nel formaggio a seguito della caseificazione. Lipidi, carboidrati (lattosio), sali minerali, sieroproteine e vitamine sono i principali componenti della ricotta. In Tabella 1 sono riportati i valori nutrizionali medi di latte e ricotta (Tabelle di composizione degli alimenti, aggiornamento 2019- Website a cura di L. Marletta e E. Camilli), prodotti e selezionati dal CREA (Consiglio di Ricerca in Agricoltura e Analisi dell’Economia Agraria – Centro Alimenti e Nutrizione).

È sempre opportuno controllare i dati forniti dai diversi produttori perché le differenze possono essere notevoli. Spesso le ricotte, in particolare quelle di pecora, sono ottenute dal siero di latte arricchito con latte intero e/o con panna (“crema di latte”), con il duplice scopo di ottenere un prodotto più vellutato e saporito, e aumentare il valore nutrizionale e calorico della ricotta. Si tratta di un’operazione abitualmente seguita anche nella preparazione delle ricotte artigianali e in quelle Dop. Tuttavia, non necessariamente sono più ricche di calorie rispetto a quelle prodotte con il solo siero. Infatti, è una pratica comune quando il siero utilizzato proviene dalla lavorazione del formaggio e quindi contiene poco grasso (Assolatte).

In purezza, l’apporto energetico della ricotta di solo siero dipende dalla tipologia del latte e cresce all’aumentare della quantità di materia grassa presente. 100 g di ricotta vaccina e ovina contengono in media circa le stesse calorie (circa 150 kcal) e la stessa quantità di lipidi (circa 11 g), anche se alcune fonti riportano contenuti di grassi più elevati nelle ricotte di pecora (12-25%, ruminantia.it) che di conseguenza hanno un maggiore apporto energetico. Quella di capra ha un contenuto calorico (182 kcal) e lipidico (14,3 g) superiore, e in assoluto quella di bufala è la più calorica (212 kcal) e la più grassa (17,3 g).

Un aspetto importante è la composizione della materia grassa

Rispetto alla ricotta vaccina, quella di pecora contiene una minore quantità di acidi grassi a catena lunga (palmitico e stearico) e un apporto (il quintuplo) di acidi grassi saturi a catena corta (butirrico, capronico, caprilico e caprico) che una volta liberati conferiscono il caratteristico sapore dei formaggi di pecora e capra. Inoltre, i grassi saturi a catena corta possiedono importanti benefici per il nostro organismo. In particolare, al contrario degli acidi grassi a lunga catena, come il palmitico e lo stearico, non hanno alcun effetto negativo sul tasso di colesterolo dell’organismo.

Un’altra caratteristica rilevante è la dimensione dei globuli di grasso. Nel latte dei ruminanti, i globuli sotto 1 μm rimangono nel siero o nel latticello residuo dopo la separazione della cagliata (Vanderghem et al., 2010). I globuli più piccoli influenzano negativamente la produzione del burro durante la zangoltura (Alais, 1984) e tendono a rimanere nel siero dopo centrifugazione (Karray et al., 2004). A conferma, il diametro medio minore dei globuli di grasso nel latte di pecora e capra rispetto a quello vaccino (Silanikove et al., 2010) rende difficile la produzione del burro in queste specie. Pertanto, se il latte è crudo, nel siero ovino e caprino e nella ricotta derivata sono presenti una quantità maggiore di globuli di grasso più piccoli. Questi hanno membrane protettive piuttosto fragili, una caratteristica che ne favorisce la lipolisi, fenomeno che scinde i globuli di grasso liberando acidi grassi liberi. Questi composti sono responsabili del forte odore e sapore dei formaggi di pecora e capra.

Nel latte vaccino, il diametro medio dei globuli di grasso è 3,4-3,5 μm con differenze (numero, diametro medio) evidenziate nelle diverse razze bovine (Mulder e Walstra, 1974; Martini et al., 2006a). In particolare, il diametro medio diminuisce, nell’ordine, nella Jersey, nella Frisona Tedesca e nella Frisona Italiana, mentre il numero medio aumenta (Martini et al., 2003a).

Uno studio sugli ovini di razza Comisana, Sopravissana, Sarda e Massese ha evidenziato come quelle maggiormente utilizzate per la produzione di latte (Sarda e Massese) presentino percentuali superiori di globuli di grasso di piccole dimensioni e un maggiore numero di globuli: quelli compresi tra 2-5 μm costituiscono quasi la metà di dei globuli totali, seguiti dai globuli minori di 2 μm (36%) (Bianchi et al., 2004; Martini et al., 2006a).

Il diametro medio nelle capre Camosciate delle Alpi è inferiore rispetto al bovino e all’ovino (2,5-2,8 μm); infatti, la percentuale di globuli più grandi è molto minore, dato che il 90% è inferiore a 5,2 μm (Martini et al., 2009; Attaie e Richer, 2000).

Nella bufala i valori medi del diametro sono 3 μm (Schafberg et al., 2007) e 5 μm (Menard et al., 2010) con la maggior parte dei globuli di diametro compreso tra 3 e 6 μm (Schafberg et al., 2007).

I globuli di grasso di differenti dimensioni determinano le caratteristiche sensoriali dei prodotti caseari (Michalski et al., 2003). Come già detto, la lipolisi dei globuli di grasso più piccoli libera gli acidi responsabili del forte odore e sapore delle ricotte di pecora e capra. Inoltre, la prevalenza di globuli di grasso più piccoli nel siero di latte ovino e caprino conferisce una texture più soffice e vellutata alla ricotta.

Ricotte dalla A alla Z

La ricotta è prodotta in tutte le regioni italiane. La ricotta Romana ha per prima ottenuto il riconoscimento Dop nel 2005, seguita dalla Ricotta di Bufala Campana nel 2010. Alcune ricotte sono riconosciute Prodotto Agroalimentare Tradizionale (PAT). Sono riconosciuti PAT i prodotti agroalimentari caratteristici di un territorio e che, alla luce di una produzione tradizionale locale, consolidata e costante, meritano di trovare una valorizzazione sul mercato. Sono produzioni di nicchia, di aree geografiche limitate, caratterizzate da un’offerta tendenzialmente stagionale e che spesso non riescono nei circuiti della grande distribuzione, come la ricotta forte, secca, infornata, affumicata, moscia, bruzzo, cuincir, …, ma molte altre sono degne di menzione pur non avendo (ancora) ricevuto questi riconoscimenti “ufficiali”.

Una menzione speciale va a Sante Rugo, il “casaro anarchico” di Socchieve (Udine) che riesce a produrre una ricotta vaccina unica, la ricotta fresca più buona che io ho assaggiato, di consistenza vellutata, cremosa e morbida. Sante non aggiunge panna, ma la sua texture è così soffice e fine che ricorda una ricotta di pecora. Il suo sapore è dolce e profuma di latte appena munto. Come riesca ad ottenere una struttura cosi fine è un suo segreto.

A

Asquanta (scante, scanta, ascuante, squant). È la ‘ricotta forte’, tipica di Basilicata e Puglia, ottenuta da siero di latte vaccino, ovino, caprino o misto, di consistenza morbida, cremosa e spalmabile, di colore crema. Il sapore è molto deciso, piccante e sapido, l’odore è molto pungente e penetrante, anche grazie a diversi acidi grassi volatili liberi come butirrico, caproico, lattico e acetico.

B

Bruzzo della Valle Arroscia (brus, brussu). È una ricotta di pecora inacidita e fermentata caratteristica delle Alte Valli Argentina, Arroscia e Nervia in provincia di Imperia. Si presenta sotto forma di pasta cremosa, spalmabile e densa, dal colore bianco grigiastro, e con un sapore più o meno piccante a seconda della stagionatura. Si ottiene lavorando la ricotta nel siero che rimane dopo la produzione di formaggi. Viene messa a fermentare con grappa o distillati, aceto, olio di oliva e pepe negli scorsi, contenitori di larice o ciliegio.

C

Cuincìr. È uno dei più antichi prodotti delle malghe friulane ottenuto dal siero di latte vaccino. La ricotta fresca viene impastata con aggiunta di sale, pepe e leggermente aromatizzata con semi di finocchio selvatico e stagionata per 45-60 giorni durante i quali acidifica, ottenendo un crema bianca, aromatica e pungente.

F

Fiurì (fiurit). Viene prodotta nelle valli bresciane e bergamasche dal siero di latte vaccino residuo della produzione dei vari formaggi del territorio, il “fiore di ricotta”. Ha consistenza cremosa e semiliquida, densa e leggermente granulosa, sapore leggermente aromatico e profumo delicato, più dolce se viene aggiunto il latì, il latte rimasto nella zangola dopo la lavorazione del burro per incrementare la resa. Si deve consumare subito dopo la sua estrazione e il raffreddamento a 4 °C. Data la facile deteriorabilità la sua commercializzazione al di fuori delle zone di produzione è difficile.

Formaggio di colostro ovino. In realtà è un latticino. Il colostro è il primo latte secreto durante la gravidanza e i primi giorni dopo il parto, molto ricco d’immunoglobuline di classe A e cellule immunitarie (come i linfociti). Ricco di sostanze nutritive, in Sardegna viene utilizzato per produrre questo latticino di pecora del tutto particolare e raro. Il colostro viene riscaldato alla temperatura di 35° e addizionato con caglio. La cagliata viene pressata e il siero residuo è portato all’ebollizione, aggiungendo dell’altro colostro. Le forme ottenute dalla ricotta affiorata vengono quindi scottate nella scotta residua della ricotta e ulteriormente pressate. La salatura è in salamoia. Consumato dopo 4-5 giorni, la pasta è semidura, bianca e abbastanza morbida.

Mammola.  Ricotta affumicata calabrese dell’omonimo paese, proviene da siero di latte di capra, ha un sapore di formaggio fresco leggermente salato, consistenza morbida e vellutata, a forma di fungo. Appena tolta dal fuoco si versa nei fasceji e si avvolge con felci di montagna, il giorno dopo si sala e si affumica con legna fresca di castagno o erica per 24 ore.

Manteca. Latticino molto antico simile alla ricotta, viene prodotta in provincia di Avellino, ottenuta dalla lavorazione del latte vaccino riscaldato a 40 gradi e coagulato con caglio di agnello. Una volta rotta la cagliata a dimensione di una nocciola, il siero viene poi scaldato a 85-90 gradi, si aggiunge siero inacidito e, si raccoglie la ricotta in un panno di cotone a scolare per 24 ore. La manteca viene sbriciolata e “lavata” con acqua per ottenere una separazione del grasso dal latticello.

Mascherpa d’Alpe. Il siero di lavorazione del Bitto viene riscaldato inizialmente alla temperatura di 65-70° e addizionato con latte di vacca e 5-6% di capra, poi a 85-90° viene acidificato. La ricotta affiorata e posta nelle fuscelle viene salata a secco. Consumata fresca, la sua pasta ha un sapore delicato e dolce con sentori vegetali. Con la stagionatura la consistenza aumenta e l’aroma e l’odore diventano forti ed intensi.

Mustìa. È un particolare tipo di ricotta di pecora di Orgosolo dal gusto delicato, salata a secco e leggermente “mustìa” cioè affumicata. Lasciata ad asciugare all’aria per due o tre giorni, ha una pasta morbida e delicata, di forma cilindrica e compatta. La crosta, quasi inesistente è di colore chiara, con coloritura che varia con l’affinamento.

R

Recheuto. Simile al sarazzu ma di più raro, è ottenuto con il latte intero inacidito. Una volta rappreso, si insacca in un tubo di tela per farlo asciugare. Quando è asciutto, viene pressato e mescolato con sale e pepe, consumato a fette o grattugiato.

S

Salignoùn. È un prodotto tipico della Valle d’Aosta e della Valsesia (salgnùn o salignùn) a base di ricotta fresca impastata con formaggio finemente sminuzzato (come la toma), sale, pepe, peperoncino ed erbe aromatiche di montagna. Il colore della crosta con la stagionatura cambia da paglierino a grigio con sfumature rosa. Di consistenza piuttosto compatta, sapore più dolce e fragrante se fresco, deciso, più piccante e salato se stagionato.

Sarazzu (sarasso). Dal termine provenzale serác che significa siero, è una ricotta tipica della Val d’Aveto e della Val Trebbia (Genova).  Ricavato dal siero del formaggio San Sté di vacca cabannina, viene salato, acidificato e mescolato. Il Sarazzu è consumato stagionato e può essere anche usato nella preparazione del pesto o aggiunto al tocco.

Seiràss (Ricotta Piemontese). Simile ad una ricotta, è più propriamente un formaggio. essendo il risultato di una coagulazione acida e presamica del latte intero di vacca o pecora che viene prima intiepidito poi, aggiunto il caglio, si riscalda fino a 80° e si rimescola finché non si forma la cagliata. Una volta raffreddata, viene sbattuta per rompere i grumi e infine inserita in coni di tessuto per la maturazione.

Saràs del fén. Prodotto tipico della Val Pellice (TO), si ottiene riscaldando il siero di latte vaccino, ovino e caprino, in purezza o misto, cui si aggiunge latte intero vaccino, ovino di razza frabosana e/o caprino d’alpeggio. Viene acidificato con la buona o bouno, una miscela ottenuta tradizionalmente dalla macerazione in siero di più di 25 erbe e radici (tra cui ginepro, gemme di larice, timo serpillo, radice di ortica, acetosella, macis) la cui composizione è il segreto di ogni casaro, e cotto a 70°-90°C. Dopo la pressatura, si procede alla salatura a secco per circa 3 giorni, l’impastamento a mano a più riprese e una breve asciugatura. Il saràs del fén viene avvolto con fieno d’alpeggio fresco o secco, e lasciato stagionare per 25-40 giorni in grotte o cantine.

Scueta franta (scuete frante). Scueta o scuete è il termine carnico per definire la ricotta. La scueta franta, ricotta frantumata, è il frutto di una lavorazione tradizionale del siero del latte vaccino della Carnia (UD), che prevede una scrupolosa procedura a partire dalla sgocciolatura della ricotta in appositi sacchetti di juta legati e pressati. Poi si procede alla salatura e alla frantumazione dall’aggiunta di una miscela “segreta” di pepe, infusi o erbe aromatiche. La maturazione e la fermentazione in tini di legno pregiato coperti da un telo di lino, acqua salata e un coperchio pesante per alcune settimane concludono l’affinamento. La scueta fumada si ottiene dopo leggera pressatura della scueta che viene affumicata su graticci per 2-4 giorni e infine lasciata asciugare un mese, per un periodo maggiore se destinata alla grattugia.

Z

Zincarlìn. È un latticino a base di ricotta vaccina prodotta in Alto Lario, nella Val d’Intelvi e sulle Alpi Lepontine (provincia di Como). Questa ricotta di siero di latte vaccino, a volte con aggiunta di latte di capra, viene posta su teli a spurgare. Quando la sua consistenza è abbastanza asciutta, viene salata, impastata e ricoperta di pepe. Consumata fresca la sua pasta è molle e la crosta sottile, morbida, di colore grigio, con presenza di muffe dopo breve stagionatura.

SAVERIO SANTI

Dipartimento di Scienze Chimiche

dell’Università di Padova

 

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