Formaggi e intolleranza al lattosio

redazione |
13 Feb, 2020 |

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Approfondimento di Saverio Santi

La possibilità del consumo di derivati del latte da parte di individui intolleranti al lattosio. Un po’ di chiarezza.
APPROFONDIMENTO DI Saverio Santi
Dipartimento di Scienze Chimiche dell’Università di Padova

L’intolleranza al lattosio è una condizione in cui il consumo di latte, latticini e formaggi provoca una reazione non allergica che si manifesta con disturbi gastrointestinali. È necessario non confondere l’intolleranza al lattosio, uno zucchero disaccaride costituito da glucosio e galattosio, con l’allergia causata dal consumo di latte e suoi derivati.

L’allergia è infatti una reazione del sistema immunitario che sviluppa anticorpi contro un determinato antigene, in questo caso alcune proteine del latte, in particolare beta-lattoglobulina, alfa-lattalbumina e le caseine.

Invece, l’intolleranza al lattosio è un disturbo causato dalla carenza di lattasi, enzima necessario alla digestione di lattosio, ma solo nei soggetti che non producono un quantitativo sufficiente di lattasi. Il lattosio non digerito è così fermentato dalla flora batterica intestinale, con produzione di gas come anidride carbonica, idrogeno e metano che provocano gonfiore, flatulenza e dissenteria. L’intolleranza non deve essere confusa con la galattosemia, una rara malattia caratterizzata dall’incapacità di metabolizzare il galattosio.

Le persone che manifestano frequente intolleranza al lattosio devono innanzitutto parlarne con il proprio medico che potrà indicare un percorso diagnostico appropriato e una terapia efficace.

Come riportato dall’European Food Safety Authority (EFSA), in Italia si stima che il 56% della popolazione sia intollerante al lattosio. In generale, la gravità dell’intolleranza al lattosio è probabilmente sopravvalutata dal pubblico, in aggiunta all’aumento delle diagnosi d’intolleranza, si deve tenere conto della “moda” degli alimenti “salutistici”. L’indicazione del claim “senza lattosio” rappresenta certamente un elemento di marketing. Questo equivoco porta spesso ad una riduzione non necessaria del consumo di prodotti lattiero-caseari. Tuttavia, i prodotti lattiero-caseari sono essenziali per la salute, ad esempio per il loro contenuto di calcio, vitamine liposolubili (A, D E, K) e batteri probiotici.

Una meta-analisi condotta dall’EFSA ha permesso di dimostrare che quasi tutti gli intolleranti al lattosio possono tollerare 12 g di lattosio in un’unica assunzione e circa 18 g di lattosio distribuiti nel corso della giornata.

Un individuo gravemente intollerante affetto da “carenza di lattasi congenita”, potrebbe comunque non tollerare anche piccole quantità. Tuttavia, in generale, se il deficit di lattasi non è congenito ed è stato eseguito il test per determinare il grado di tolleranza, è possibile assumere una moderata quantità di formaggio all’interno di un pasto ben strutturato che permette un aumento di tolleranza. Nella maggior parte dei casi, il moderato consumo di yogurt, formaggi fermentati e stagionati è tollerato. È necessaria un’accurata scelta dei prodotti caseari adatti alla maggior parte dei soggetti intolleranti al lattosio.

Sfatato il mito che un intollerante debba seguire per forza una dieta priva di derivati del latte, alimenti importanti per la nutrizione umana, occorre valutare quali siano i derivati naturalmente privi (o quasi) di lattosio.

Un alimento è naturalmente privo di lattosio se non sono presenti ingredienti lattei al suo interno, fatta eccezione per alcune varietà di formaggi.

Infatti, una circolare del Ministero della Salute del 2016 stabilisce che i formaggi stagionati, come ad esempio il Parmigiano Reggiano o il Grana Padano, sono da considerarsi naturalmente privi di lattosio poiché il loro tenore di lattosio è inferiore allo 0.1%.

La produzione di formaggi a pasta dura rappresenta un modo di ridurre o eliminare il lattosio. Quando si caglia il latte, il 90% di acqua e lattosio viene rimosso sotto forma di siero di latte e con la stagionatura il lattosio residuo si trasforma in acido lattico, e quindi il formaggio a completa maturazione è praticamente privo di lattosio. In generale, i formaggi a pasta dura e semidura non contengono lattosio o ne contengono molto poco.

La conferma che nei formaggi la tecnologia di produzione può ridurre il contenuto di lattosio è fornita da due studi, sul Pecorino Romano DOP del Dipartimento di Chimica e Farmacia dell’Università di Sassari (Idda et al., 2018) e sul Gorgonzola DOP della Divisione di Gastroenterologia dell’Azienda Ospedaliera-Universitaria “Maggiore della Carità” di Novara (Del Piano et al., 2012).

Dai dati rilevati (Idda et al., 2018) è emerso che la concentrazione di lattosio e galattosio in tutti i campioni del Pecorino Romano DOP è risultata sempre inferiore al limite di rilevabilità pari a 0,54 mg/kg (< 0.001%!) per il lattosio e a 0,90 mg/kg per il galattosio.

I risultati  dello studio che ha analizzato (Del Piano et al., 2012) campioni di “dolce” e di “piccante” prodotti in 26 diversi impianti, membri del “Consorzio del Gorgonzola” di Novara, hanno mostrato che il Gorgonzola è completamente privo di lattosio. Infatti, tracce di lattosio erano presenti solo in un campione di formaggio “dolce”, ad un livello (0,063 g / 100 g), “naturalmente privo di lattosio” a norma di legge.

Il formaggio Gorgonzola DOP, sulla base dei risultati delle più recenti ricerche, è dunque da considerarsi nella lista dei formaggi naturalmente privi di lattosio, poiché fermentato da diversi batteri lattici, inoculati e naturalmente presenti negli ambienti di produzione, che digeriscono il lattosio presente nel formaggio.

Una ricerca condotta dal Consorzio Taleggio DOP presso tutti gli associati ha evidenziato che nel Taleggio DOP il lattosio è stato rilevato solo nel 30% dei campioni analizzati a circa 35 giorni di maturazione (stagionatura minima). La quantità media di lattosio in questi campioni positivi è di 0.05 g/100 g, che diminuisce ulteriormente durante la stagionatura (in media a 40/45 giorni).

Esistono altri formaggi, che possiedono comunque un basso contenuto di lattosio per la presenza di determinati microrganismi. I formaggi ricchi di batteri lattici, che hanno la capacità di scomporre il lattosio, possono essere comunque tollerati in quantità moderate, come Asiago, Caciocavallo, Caprino, Caciotta, Emmentaler, Fontina, Gruyere, Pecorino, Provola affumicata e dolce, Taleggio e Toma.

La quantità tollerata nel consumo dei suddetti formaggi comunque varia da persona a persona.

Leggiamo l’etichetta

Nei prodotti lattiero-caseari in cui il processo di produzione porta all’eliminazione o alla riduzione del contenuto di lattosio possono essere riportate in etichetta le seguenti indicazioni:

1) naturalmente privo di lattosio quando il tenore residuo di lattosio, da riportare in etichetta è inferiore a 0.1 g/100g;

2) naturalmente a ridotto contenuto di lattosio quando il tenore residuo di lattosio, da riportare in etichetta è inferiore a 0.5g/100g;

Per entrambe le categorie di prodotti va riportano in etichetta:

– che l’assenza di lattosio, o la sua ridotta presenza, è una conseguenza “naturale” del tipico processo di fabbricazione con il quale si ottiene il formaggio in questione;

– un’indicazione del tipo “contiene galattosio”.

In questo quadro, l’Associazione Italiana Latto-Intolleranti (AILI) ha elaborato, per la prima volta in Italia (e in Europa), una certificazione concessa a prodotti in cui è stata verificata l’assenza di lattosio (< 0.01%). Il progetto prevede un marchio azzurro (“Lactose Free”) per i prodotti privi di lattosio, che possono esserlo anche naturalmente (“Naturally Lactose Free”):

Grana Padano, Parmigiano Reggiano e Gorgonzola sono presenti nella lista “Lfree”.

Le cifre

Secondo una ricerca dell’Istituto Nazionale di Ricerca per gli Alimenti e la Nutrizione di Roma (Manzi et al., 2007), molti formaggi italiani sono sicuri per il consumo moderato da parte degli intolleranti al lattosio. La ricerca prende in considerazione 120 formaggi DOP italiani, con lo scopo più generale di confrontare la composizione di base e il contenuto di lattosio, vitamina E, vitamina A, colesterolo, calcio e fosforo. È stata osservata un’ampia variabilità tra i prodotti con la stessa denominazione, dovuta alle diverse tecniche di allevamento animale, all’area geografica, alla stagione di raccolta del latte e alle tecniche dei diversi produttori, ma anche ai metodi di conservazione e al grado di stagionatura. La conservazione e la stagionatura sono passaggi fondamentali per la riduzione del lattosio. Molti formaggi DOP italiani contengono quantità di lattosio al di sotto dei limiti di rilevabilità con analisi specifiche (“nd”), risultando quindi compatibili con una dieta priva di lattosio (Tabella 1).

I valori sono indicati in grammi di lattosio ogni 100 g di porzione commestibile; la tabella riporta solamente alcuni formaggi analizzati dall’Istituto Nazionale di Ricerca per gli Alimenti e la Nutrizione, Roma (Manzi et al., 2007).

Alcuni prodotti presentano piccole quantità di lattosio, ma non in tutti i campioni analizzati (Fiore sardo, Monteveronese, Pecorino romano), probabilmente a causa del diverso grado di stagionatura tra i vari prodotti della stessa DOP.

I formaggi freschi a pasta molle, come la ricotta e la mozzarella, subiscono un diverso processo di lavorazione. Infatti, non tutto il lattosio è eliminato attraverso il siero e il poco tempo di maturazione dei formaggi freschi impedisce ai batteri starter la degradazione del disaccaride rimanente. Diversamente, Il mascarpone contiene solo poche tracce lattosio (<0.3%) perché è ottenuto dalla parte grassa della cagliata mentre il lattosio generalmente resta nel siero che viene scartato. Tuttavia, è opportuno rilevare che molti mascarponi commerciali contengono latte aggiunto e quindi lattosio.             

Burro

Storicamente, la conservazione del latte vaccino ha avuto un notevole inconveniente legato al suo elevato contenuto di acqua (87%) che permetteva, infatti, un elevato sviluppo di batteri indesiderati.

Il burro è stato realizzato nei tempi antichi per ovviare a questo problema, realizzando un prodotto con un contenuto massimo d’acqua del 16% che può essere conservato per diverse settimane anche a temperatura ambiente. Assieme all’acqua, viene rimosso anche il 70-80% del lattosio contenuto nel latte di partenza (1,1 g di lattosio/100 g di burro).

In India è prodotto un tradizionale tipo di burro, il ghee, oggi conosciuto come burro chiarificato, nel quale la rimanente quantità di acqua e di lattosio viene eliminata con la rimozione della schiuma prodotta dalla bollitura del burro classico.

 
Yogurt

Tra tutti i latti fermentati, lo yogurt è quello più consumato in Italia. Come già visto per i formaggi stagionati e fermentati, il suo contenuto di lattosio è molto minore rispetto al latte utilizzato per la sua produzione. Lo yogurt prodotto con latte convenzionale presenta circa 2,86 g di lattosio su 100 g di prodotto.

 

 

 

 

 

Testi: Saverio Santi

Foto: Paolo Castiglioni

 

Bibliografia:

  • Tesi di Laurea, Gabriele Zanconato, Scienze e Tecnologie Alimentari, Università di Padova
  • Del Piano, M., Tari, R., Carmagnola, S. 2012. Lactose content in typical Italian Gorgonzola cheese: a pilot study.
  • Nutrafoods. 11: 63–67
  • Idda, I., Spano, N., Addis, M., Galistu, G., Ibba, I., Nurchi, V. M., Pilo, M. I., Scintu, M. F., Piredda, G., Sanna, G. 2018.
  • Optimization of a newly established gas-chromatographic method for determining lactose and galactose traces: application to Pecorino Romano cheese. J. Food Compos. Anal. 74: 89–94.
  • Manzi, P., Marconi, S., Di Costanzo, M. G., Pizzoferrato, L. (2007) Composizione di formaggi DOP italiani.
  • La Rivista di Scienza dell’Alimentazione. 36: 9-22.

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