Il Burro – sapore dell’infanzia – e salute

redazione |
28 Apr, 2020 |

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Il sapore della mia infanzia era il sapore del burro.

Il panino imburrato di sopra e di sotto è magia entrata nel mio immaginario leggendo Pinocchio di Carlo Collodi: per suoi amici e compagni di scuola invitati per una gran colazione “la Fata aveva fatto preparare duecento tazze di caffè-e-latte e quattrocento panini imburrati di sotto e di sopra”.  Io ci aggiungevo zucchero, composte, acciughe…. Poi arrivò la margarina.
I grassi fanno male?

Guardare ai grassi come un nemico della nostra dieta potrebbe essere una strategia a lungo termine sbagliata. A partire dagli anni 70, le linee guida alimentari diedero seguito ad uno studio americano (Keys, Am. J. Public Health 1953, 43, 1399) che sosteneva una “relazione notevole” tra consumo di grassi e mortalità per malattie cardiache. I grassi saturi furono sostituiti con quelli di origine vegetale e contemporaneamente entrarono in commercio oli vegetali parzialmente idrogenati e grassi trans come sostituti più salutari di quelli animali. Nel 1977, nonostante non vi fossero le conoscenze adeguate sull’effetto dei carboidrati, il senato americano approvò le linee guida “Obiettivi dietetici per gli Stati Uniti”, esortando gli americani a sostituire carne rossa, grassi e prodotti lattiero-caseari soprattutto con carboidrati e in minor misura con frutta, verdura e legumi.

Piramide alimentare del 1992 (Dipartimento dell’Agricoltura USA)

Dal 1980 al 2000 si registrò una diminuzione del consumo pro capite di calorie da carne rossa, burro e formaggio e un aumento del consumo di carboidrati (circa del 15%), che erano alla base delle linee guida dietetiche per una dieta a basso contenuto di colesterolo e grassi (1980) e della piramide alimentare degli USA (1992).

Erano raccomandate da 6 a 11 porzioni al giorno tra pane, cereali, riso e pasta, il triplo rispetto alla frutta (2-4 porzioni) che portò ad un aumento elevato di obesità e diabete di tipo 2. Infatti, i carboidrati semplici stimolano la produzione di insulina e provocano una moltiplicazione veloce delle cellule adipose.

Alla base della vecchia piramide alimentare, tanto promossa negli ultimi decenni, si trovavano i carboidrati senza alcuna distinzione tra quello integrale a basso carico glicemico e quelli raffinati.

 

Il grasso come causa di malattie cardiache si è radicato profondamente nella nostra cultura. Quasi 40 anni dopo si sono visti i risultati: l’esperimento di riduzione di grasso e colesterolo è stato un fallimento. Un americano su dieci era malato e 86 milioni avevano il diabete. Gli Stati Uniti diventarono uno dei paesi con il più alto tasso di obesità.

Grassi è bello?

I lipidi svolgono numerose funzioni nell’organismo umano:

Strutturale:

• membrane cellulari in genere,

• tessuti nervosi e del cervello,

• tessuti lipidici strutturali come termoregolatori e assorbitori meccanici;

• tessuti ossei (affinché il calcio possa essere bene integrato nelle ossa, circa il 50% dei grassi alimentari dovrebbe essere saturo).

Funzionale:

• ormoni steroidei: vedi ghiandole surrenali

• biosintesi nel fegato di acidi biliari, colesterolo …,

• biosintesi di vitamina D3 in fegato e reni.

Riserva energetica nel tessuto lipidico bianco, costituito in gran parte di trigliceridi formati dall’acido grasso palmitico.

LDL e HDL

È incontestabile che i grassi saturi aumentano i livelli di colesterolo LDL, che sono associati a tassi più alti di malattie cardiache. Tuttavia, non si può affermare con certezza che i grassi saturi, aumentando i livelli di colesterolo LDL, siano negativi per la salute umana in quanto aumentano anche i livelli di colesterolo HDL, quello “buono” in grado di rimuovere il colesterolo LDL che può accumularsi sulle pareti arteriose (Eckel, Circulation, 1997, 96, 3248). Il colesterolo totale misurato nel sangue è a grandi linee la somma di LDL e HDL. C’è inoltre un ulteriore e importante differenza: le particelle LDL possono essere piccole e dense oppure grandi e soffici. Quelle grandi sembrano essere innocue ed è l’assunzione dei grassi che aumenta il livello di queste, mentre, l’assunzione di carboidrati sembra provocare l’aumento delle particelle LDL piccole e adesive che sembrano essere collegate alle malattie cardiache.

In una recente meta-analisi (Chowdhury et al. Ann. Intern. Med. 2014, 160, 398) gli autori conclusero che non vi sono prove significative che il grasso saturo sia associato ad un aumento del rischio di malattie cardiovascolari in quanto, “le prove attuali non supportano chiaramente le linee guida cardiovascolari che incoraggiano un consumo elevato di acidi grassi polinsaturi e un basso consumo di grassi saturi totali”.

Emblematica una copertina del TIME Magazine del 2014: “Mangiate burro. Gli scienziati hanno etichettato il grasso come nemico. Si erano sbagliati.” (B. Walsh, Time Magazine, 2014). Questa citazione posta direttamente sopra un invitante ricciolo di burro), in netto contrasto con la copertina del 1984 che mostrava una faccia triste fatta di uova e pancetta. Una sana autocritica.

 

La piramide alimentare della Harvard School of Public Health

Esempio di nuova Piramide Alimentare (Harvard School of Pubblic Health)

A partire dal 2014, sono state emanate dagli organi preposti nuove linee guide alimentari. A titolo di esempio, è riportata la piramide alimentare pubblicata della Harvard School of Public Health.

Una recente ricerca (Dehghan-Mahshid et al. Lancet 2017, 390, 2050), durata più di 7 anni su oltre 135 mila persone di diciotto paesi in 5 continenti, ha dimostrato che un moderato apporto di grassi, frutta e verdura, riducendo i carboidrati privilegiando quelli integrali e meno raffinati, è associato ad una più bassa mortalità.

Un’alimentazione che prevede grassi pari a circa il 35% dell’energia assunta, garantisce un’aspettativa di vita più lunga rispetto ad una dieta che li elimina completamente. I risultati ottenuti sono di seguito riportati:

• una elevata assunzione di proteine totali, privilegiando pesce e carni bianche, è stata associata a minor rischio di mortalità totale e mortalità per malattie non cardiovascolari.

• una eccessiva assunzione di carboidrati raffinati porta a un maggior rischio di mortalità totale e mortalità per malattie non cardiovascolari, mentre non ci sono associazioni tra malattie cardiovascolari, infarto, ictus e mortalità per malattie cardiovascolari;

• una elevata assunzione di grassi totali è stata associata a minori rischi di mortalità totale e mortalità per malattia non cardiovascolare, non sono state trovate associazioni significative con malattie cardiovascolari, infarto e mortalità per malattie cardiovascolari;

• una maggiore assunzione di acidi grassi saturi è stata associata al minor rischio di mortalità totale, ictus e mortalità per malattie non cardiovascolari;

• l’assunzione di acidi grassi monoinsaturi e polinsaturi è associata a un minor rischio di mortalità totale e minor rischio di mortalità per malattie non cardiovascolari.

Un apporto energetico di grassi saturi inferiore al 7% di energia potrebbe perfino essere dannoso. Sostituendo i carboidrati con i grassi polinsaturi è stata riscontrata una riduzione dell’11% di rischio di morte totale e del 16% di rischio di morte da malattie non cardiache. Invece, sostituendoli con i grassi saturi si ottiene una riduzione del rischio di ictus del 20%.

Questo studio non supporta chiaramente le attuali raccomandazioni delle linee guida alimentari che indicano di limitare l’assunzione a un livello inferiore al 30% di energia da grassi totali e inferiore al 10% di energia da grassi saturi.

Le linee guida in Italia

In Italia, le attuali linee guida dell’Istituto Nazionale di Ricerca per gli Alimenti e la Nutrizione consigliano una quantità di grassi totali pari al 20-25 per cento delle calorie complessive, che in una dieta di 2000 calorie, corrispondono a 45-75 grammi. Sulla base dei precedenti risultati, potremmo prevederne un consumo fino a 100 grammi.

Un ampio studio internazionale (Miller et al. Lancet, 390, 2037) ha dimostrato che una maggiore assunzione di frutta, verdura e legumi è associata ad un minor rischio di malattia cardiovascolare, infarto del miocardio, mortalità cardiovascolare, mortalità non cardiovascolare e mortalità totale. Per quale motivo i grassi saturi (1) e frutta, verdura e legumi (2) riducono il rischio delle malattie cardiovascolari?

(1) Un aumento di acidi grassi saturi determina un aumento del colesterolo LDL e HDL nel sangue, e un livello inferiore di trigliceridi e del rapporto ApoB-ApoA1. Viceversa, per un elevato consumo di carboidrati. ApoB è la lipoproteina che trasporta il colesterolo LDL mentre ApoA1 quella che trasporta l’HDL. Per questo motivo, il rapporto ApoB/ApoA1 è il più importante fattore lipidico predittivo di infarto del miocardio e ictus, e non risulta affidabile basarsi solamente sull’associazione nutriente-LDL.

(2) Gli antiossidanti e polifenoli in frutta e verdura, come vitamina C, vitamina E e carotenoidi, prevendono l’ossidazione dei lipidi nelle pareti dei vasi arteriosi, favoriscono l’abbassamento della pressione sanguigna e migliorano la funzione endoteliale. Inoltre, frutta, verdura e legumi sono buone fonti di fibre alimentari che riducono la risposta insulinica ai carboidrati, il colesterolo totale e LDL. Altro fattore importante è lo stile di vita salutare in quanto, le persone che hanno una elevata assunzione di frutta e verdura possiedono anche uno stile di vita migliore.

Relazione tra consumo di prodotti Lattiero-caseari e malattie cardiovascolari

Infine, uno studio comprendente 21 paesi in 5 continenti (Dehghan-Mahshid et al. Lancet 2018, 392, 2288) ha verificato la relazione tra consumo di prodotti lattiero-caseari e morte da cause cardiovascolari, infarto miocardico non fatale, ictus (esito composito) o eventi cardiovascolari riscontrando che:

• l’assunzione di prodotti lattiero-caseari totali (> 2 porzioni al giorno) è associata a un minor rischio di esito composito, mortalità totale e non cardiovascolare.

In particolare:

• l’assunzione di latte (> 1 porzione al giorno) è significativamente associata a un minor rischio di esito composito e principali malattie cardiovascolari;

• una maggiore assunzione di yogurt (> 1 porzione al giorno) è associata a un minor rischio di esito composito, mortalità totale e principali malattie cardiovascolari;

• l’elevato consumo di formaggio (> 1 porzione al giorno) è associato a un minor rischio inferiore di esito composito;

• l’assunzione di burro (> 1 porzione al giorno) non è associata a un rischio significativo di esito composito e principali malattie cardiovascolari.

In generale, l’assunzione di acidi grassi saturi provenienti da prodotti lattiero-caseari è stata associata a un minor rischio di mortalità totale e malattie cardiovascolari (meno 21% per ogni aumento di 5g/d di grassi saturi). Un consumo maggiore di prodotti lattiero-caseari determina una pressione sanguigna più bassa, un effetto che potrebbe spiegare anche i minori rischi di ictus. Non c’è stato alcun impatto sul colesterolo LDL, ma una minore concentrazione di trigliceridi nel sangue che potrebbe spiegare il rischio non significativo e inferiore di infarto del miocardio osservato.

È possibile dire quindi che i prodotti lattiero caseari riducono il rischio di malattie, pertanto gli acidi grassi presenti nel latte sono utili per la salute?

È possibile dire che i prodotti lattiero-caseari contengono molti acidi grassi saturi, ma sono presenti acidi grassi a catena dispari, come l’acido pentadecanoico e l’acido eptadecanoico in quantità pari all’1-3% di acidi grassi saturi (SISA, 2017 – Il latte vaccino), associati ad un minor rischio cardiovascolare (Chowdhury et al. Ann. Intern. Med. 2014, 160, 398).

È meglio consumare un prodotto a basso o ad alto contenuto di grassi?

Non ci sono prove attendibili per gli effetti differenti sulla salute di prodotti lattiero caseari a basso e alto contenuto di grassi. Sono però raccomandati prodotti con un buon apporto di grassi mono e polinsaturi omega-3 / omega-6, come i prodotti lattiero-caseari di latte proveniente da allevamenti al pascolo.

Burro

Per molto tempo il burro è stato considerato una fonte di colesterolo cattivo e possibile causa di rischio cardiovascolare. Al contrario, se assunto nelle giuste dosi è uno degli alimenti base della dieta mediterranea e molto utile al nostro organismo. Il burro è un alimento meno calorico dell’olio di oliva e facilmente dosabile, un buon alimento in una dieta equilibrata, e la quantità consigliata è di circa 10-15 grammi al giorno. È un prodotto che possiede numerose proprietà benefiche. Infatti, nonostante la sua materia grassa sia circa l’80%, essa è composta da acidi grassi a catena corta che sono facilmente digeribili e vengono bruciati in fretta dall’organismo.

Per quanto riguarda il colesterolo, 100 g di burro ne contengono circa 0.22 g, meno della dose giornaliera massima consigliata (RDA) di colesterolo per un adulto pari a 0.3 g; tuttavia, nessuno mangia un etto di burro al giorno, mentre un consumo di 10 g di burro apporta meno del 8% della RDA di colesterolo e consente di giovarsi dei suoi effetti positivi (Assolatte). È opportuno sottolineare che il colesterolo è utilizzato dal nostro organismo per la sintesi di molti altri composti, tra i quali la vitamina D e gli ormoni necessari al nostro metabolismo.

In generale, il burro è ricco di antiossidanti e molti nutrienti cardioprotettivi, come le vitamine liposolubili A, D, E e K2, oltre a beta-carotene e luteina. Il nostro organismo utilizza il beta-carotene per produrre la vitamina A che ha una funzione essenziale per  la vista, le ossa e il sistema immunitario, mentre la luteina protegge gli occhi filtrando i raggi ultravioletti. La vitamina E agisce contro i radicali liberi, responsabili dei processi di invecchiamento cellulare, rinforza il sistema immunitario, fluidifica il sangue, riduce la formazione di colesterolo cattivo (LDL), facilita il trasporto di ossigeno nel sangue e regola la pressione.

Il burro da allevamento al pascolo

Poiché l’erba è più ricca di vitamine A, E e beta-carotene rispetto al fieno immagazzinato o alle diete di allevamento standard, il burro proveniente da allevamenti al pascolo (Searles et al. J. Diary Sci., 1970, 53, 150) è più ricco di questi nutrienti come suggerisce il colore stesso. Il colore giallo intenso del burro di pascolo è dovuto all’alto contenuto di beta-carotene. Uno studio ha evidenziato che il beta-carotene e la luteina aumentavano entrambi con la proporzione di erba al pascolo nelle diete delle vacche da latte (Agabiel et al. J. Diary Sci. 2007, 90, 4884).

Gli allevamenti al pascolo producono latte con un profilo lipidico più sano con un migliore apporto di acidi grassi insaturi, un maggior contenuto di vitamine liposolubili e meno tossine. Pertanto i prodotti lattiero-caseari derivati diventano un alimento completamente potenziato. Inoltre, l’acquisto di questi prodotti supporta un allevamento più sostenibile.

Le ricerche (Pustjens et al. Foods 2017, 6, 26) hanno dimostrato che, rispetto al burro normale, il burro di pascolo contiene in media il 26% in più di acidi grassi polinsaturi omega-3, EPA (acido eicosapentaenoico) e DHA (acido docosaesaenoico), collegati a molti benefici per la salute per le loro proprietà antinfiammatorie. Gli omega-3 sono parte integrante delle membrane cellulari e un elemento fondamentale per la produzione degli ormoni necessari al nostro organismo.

Contiene fino a 5 volte in più di acido linoleico (Dhiman et al. J. Dairy Sci. 1999, 82, 2146), un acido grasso insaturo con molti potenziali benefici per la salute, tra i quali promettenti effetti antitumorali, proprietà antinfiammatorie, riduzione del peso corporeo e della massa grassa.

Oltre a possedere un profilo di grasso più salutare, si ritiene che il burro di pascolo sia molto più ricco di vitamina K2, che svolge un ruolo importante nella protezione delle riserve di calcio nelle ossa e riduce il rischio di malattie cardiache.

L’acido butirrico, presente in quantità maggiori nel burro di pascolo, è un acido grasso a catena corta che può aiutare a controllare il peso aumentando la produzione della leptina, l’ormone che riduce l’appetito.

Il burro da allevamento al pascolo è un vero affare!

Saverio Santi (Dipartimento di Scienze Chimiche dell’Università di Padova)

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