Mio padre lavorava tantissimo sette giorni su sette per tutto l’anno,
alla sua famiglia non voleva far mancare nulla. Lavorava dal mattino presto alla sera, per lui il lavoro era una passione, che piano piano rischiava diventare una missione. Durante l’inverno ci mandava in montagna a sciare, in estate al mare, e lui niente, lavorava. Nel mese di settembre si concedeva una piccola pausa, organizzava dei viaggetti con tutta la famiglia, in automobile, una Fiat 1800 di colore blu.
Tra i tanti viaggi ne ricordo uno in particolare: eravamo in Svizzera, e così decise di farci trascorrere una notte in un lussuoso albergo di San Maurizio, meglio conosciuto come St. Moritz, nel cuore dell’affascinante valle dell’Engadina.
Confessione di un piccolo misfatto
Arrivammo nel tardo pomeriggio e dopo le formalità di benvenuto occupammo due bellissime camere comunicanti. A noi, bambini, ci sembrava di entrare in una fiaba, tanto era bello. Trovammo le nostre valige nelle camere e mamma iniziò a sistemare i ricambi di biancheria e tutto quello che serviva per essere eleganti per la cena.
Io invece uscii nel larghissimo corridoio per dare una sbirciatina e notai, che davanti ad ognuna delle porte delle camere c’erano alcune paia di scarpe da montagna, messe in buon ordine. Non ne capivo il motivo e fu che allora iniziai a portarle in uno sgabuzzino al piano. Non mi sembrava elegante vedere tutte quelle pedule un po’ sporche. Non sapevo che erano pronte per essere lucidate da un addetto, per essere pronte per il giorno successivo.
Lascio immaginare che cosa successe. Vedendo il caos innescato, confessai a mamma il misfatto, e dopo una buona lavata di capo, tutto tornò in ordine, non senza qualche problema.
Le Petit Déjeuner
Il mattino seguente, al risveglio, sentimmo un bussare discreto alla porta, mamma aprì, papà era in bagno a radersi la barba, ed entrarono due camerieri per servirci le “Petit Dejeuner”. Una tovaglia di lino copriva un tavolo rotondo, montato al momento da due cameriere, che iniziarono ad imbandirlo con ogni ben di dio. Caraffe in argento massiccio con le spremute di ogni genere, latte, caffè, cioccolata fumante, poi teiere con acqua bollente, confetture ai frutti di bosco, torte appena sfornate, croissant, biscotti al burro, panetti di burro color giallo intenso, profumatissimi, fette di pane tostato, uova strapazzate, insomma c’era da perderci la testa. Usciti i camerieri ci fu la carica dei 101. Tovaglioli, anch’essi di lino, fecero una brutta fine, subito macchiati di cioccolato e di ogni altra cosa.
Il burro, però, mi rimase impresso nella memoria, tanto era dolce, soave, un vero capolavoro. Iniziai a imburrare una prima fetta di pane di segale, poi una seconda, una terza, alla quarta con un coltello con il manico di osso spalmai la confettura ai frutti di bosco; fu un’apoteosi, un ricordo indelebile.
La Capr’Allegra, a Gallio sull’altopiano di Asiago
Da quel mattino di anni ne sono passati tanti, ma, poco tempo fa, ho rivissuto l’emozione di quel Petit Déjeuner.
Mi trovavo sull’Altopiano di Asiago ospite di Stefano, un amico fraterno, nella sua locanda sopra il paese di Gallio, la Capr’Allegra. Un dolce profumo di caffè mi svegliò, mettendomi buon umore. Una doccia e via giù a fare colazione. Stefano, attentissimo ai particolari, aveva preparato tutto in modo perfetto ed elegante: torte, ancora calde, preparate da Giovanna, bravissima pasticcera e chef di cucina, i suoi biscotti profumatissimi, disposti sotto campane di vetro, splendidi salumi, affettati da una affettatrice d’epoca sorretta da un gran piedistallo, formaggi di malga, ma ecco in bella mostra ciotole in porcellana dove le confetture di ogni genere di frutta luccicavano davanti ad un panetto di burro dello stesso colore e profumo di quello del Grand Hotel di St. Moritz.
Presi una fetta di pane caldo, la imburrai e chiusi gl’occhi. Ero ritornato bambino, seduto al tavolo del Petit Dejeuner svizzero.
Senza esitare presi un’altra fetta di pane, la imburrai, coprendola con una dolce confettura ai frutti di bosco. L’emozione fu tale che mi tremavano le mani, brividi correvano lungo la schiena. Ero felice, quel mattino me lo ricorderò, come quel mattino di tanti anni fa.
Chiesi subito la provenienza del burro e della confettura, e Stefano, senza indugiare, mi elencò i due produttori. Il Burro, denominato Burro Superiore, è dei Fratelli Brazzale, la più antica famiglia di Mastri Burrai di Zanè, un piccolo paese ai piedi delle Prealpi Vicentine, le confetture invece provenivano da un’altra famiglia importante di Asiago, la Rigoni di Asiago per l’appunto. Dopo cinquanta e passa anni avevo ritrovato il mio Sacro Graal, nella piccola St Moritz di Stefano.
La Capr’Allegra
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36032 Gallio (Vicenza)
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