di Gilberto Arru
Fregola o Fregula?
Troppo spesso, descrivendo piatti tipici regionali, si tende a italianizzarli per essere più comprensibili a un pubblico più vasto. E’ un errore diffusissimo soprattutto in Sardegna, in particolare, quando si parla di fregula, italianizzata in fregola. Sono due cose ben distinte. Quest’ultima è descritta molto bene in tantissimi dizionari. Lo Zingarelli, alla voce fregola, recita: “Stato di eccitazione che si verifica negli animali all’epoca della riproduzione. Sin: calore, estro, frega. Bramosia sessuale degli esseri umani. Desiderio smanioso, frenesia”.
La fregula è una pasta antica e tipica della Sardegna, diffusa un po’ ovunque, ma soprattutto nel centro sud. Ha diversi sinonimi e talvolta con lo stesso nome si identificano altre paste. Fregua, freguedda e succu, sono i più conosciuti. La base è la semola, anche se anticamente nelle famiglie meno abbienti si preparava con la farina d’orzo.
La preparazione, apparentemente semplice, è affidata alle mani esperte delle massaie
In una conca di terracotta (conchedda, scivedda, tianedda) si versa a pioggia la semola e si spruzza con acqua tiepida e salata. Con il continuo rimestare delicatamente con le dita, si favorisce la formazione di grumi di diversa dimensione e forma. Per dare un po’ di colore, si può sciogliere qualche pistillo di zafferano nell’acqua tiepida. Man mano che i grumi prendono forma, si separano in base alla grandezza. Si mettono ad asciugare al sole, rigirando delicatamente e nel periodo invernale, per favorirne l’essicazione, si passano al forno appena intiepidito.
La fregula è tutta uguale?
La fregula più piccola dà origine alla freguedda, utilizzata soprattutto per le minestre in brodo, in particolare con i frutti di mare; molto apprezzata sa fregua cun cocciula, con le arselle e insaporita con una spruzzata di prezzemolo tritato. La fregula media ha diversi usi, sia in brodo di carne e verdure e sia asciutta con carni bianche, funghi e verdure. Quella grossa, fregua manna o succu, predilige condimenti robusti e saporosi.
Mi piace anche ricordare che in commercio esiste della buona fregula, simile a quella lavorata a mano; ma la maggior parte è ottenuta tagliando lo spaghetto di diverse dimensioni e dando una forma arrotondata. La fregula è citata in numerosi libri di cucina, ma in quasi tutti si trova la parola fregola. E’ assurdo vedere in commercio molte “opere” firmate da chef stellati, che spesso sanno poco o niente della fregula. Spesso, per loro fortuna e anche di certi editori, ci sono gli “spazzini” (i ricercatori sono ben altra cosa perché si documentano) che raccolgono notizie, un po’ su testi già pubblicati o tra i social, poi basta modificarle per rendere credibile il libro patinato e firmato.